Tutti mentono e l’effetto Hawthorne

Le correlazioni fra ambiente di lavoro e produttività sono note. Così come sono conosciuti gli effetti costruttivi che relazioni sane, aperte e di fiducia hanno sul lavoro. L’organizzazione produttiva basata sulla centralità della persona è comunemente riconosciuta di fondamentale importanza. Non sempre è stato così.

Viene chiamato effetto Hawthorne l’insieme delle variazioni di un comportamento, che si verificano come conseguenza della presenza di osservatori. Il fenomeno fu constatato per la prima volta nel 1927 dallo psicologo australiano Elton Mayo che iniziò una serie di esperimenti sui lavoratori, presso gli impianti della Western Electric Company (Hawthorne Works) in Illinois, vicino di Chicago, finanziati dalla General Electric.

Le operaie producevano di più, non per l’oggetto dell’esperimento – cioè variazioni apportate all’ambiente e alle condizioni di lavoro – bensì perché le operaie avevano contezza d’essere oggetto di osservazione nell’esperimento medesimo. In altri termini, a mutare la produttività erano fattori di ordine psicologico e non sociologico, ed ancor meno ambientale.
Il solo atto di osservare muta ciò che si osserva.

Lo scopo della ricerca era scoprire come le condizioni di lavoro potessero influenzare la produttività. Vennero costituiti due gruppi: il primo fu sottoposto a variazioni di intensità luminosa, mentre il secondo continuava a lavorare con una luce costante. Con l’aumento dell’intensità della luce si notò un miglioramento della produttività. Ma il fatto degno di interesse e del tutto inatteso fu che migliorava anche la produttività del gruppo che lavorava con un medesimo livello di illuminazione. Ancor più strano – agli occhi dei ricercatori – risultava essere l’aumento di rendimento degli operai anche nel caso in cui l’intensità della luce fosse diminuita. Era quindi evidente che, al di là delle condizioni ambientali, entravano in gioco altri fattori in grado di stimolare la produttività. Prescindendo dalle condizioni, la migliore performance lavorativa era attribuibile al ruolo di supervisione svolto dagli stessi ricercatori. Numerosi furono successivamente gli esperimenti di Mayo, tra cui la ridefinizione del posto di lavoro, l’introduzione di pause, la riorganizzazione e la riduzione dell’orario, l’offerta di un pasto caldo gratuito. Tutte iniziative che fecero sentire gli operai valorizzati e degni di attenzione da parte dei supervisori.

Secondo Roethlisberger e Dickson, l’interesse scientifico dimostrato dai ricercatori aveva effetti molto positivi sul morale e sul livello di autostima delle lavoratrici: gli osservatori avevano il compito di creare e mantenere un clima amichevole, che le lavoratrici consideravano migliore di quello solito con i loro capi. Questo fattore non aveva a che fare con la luce. Semplicemente, il rendimento si innalzava ogni qualvolta le lavoratrici si rendevano conto di essere sotto osservazione. I lavoratori si sentivano speciali, proprio per il fatto di essere stati scelti come caso di studio; e di conseguenza erano portati a svolgere con maggiore efficacia il proprio lavoro. Le persone che partecipano a test sperimentali tendono a rispondere in modo alterato perché sanno di essere osservate o perché tendono a interpretare e a conformarsi alle aspettative di chi le osserva.

Dal punto di vista metodologico, l’atto dell’osservazione può influenzare il comportamento dei soggetti oggetto della ricerca. Dal punto di vista amministrativo/gestionale, la consapevolezza riguarda la correlazione – a quel tempo non scontata – che interagire con i lavoratori poteva condurre a migliorare impegno e produttività. Quando le persone sanno di essere osservate possono modificare il loro comportamento.

I ricercatori intervistarono i lavoratori, poiché desideravano comprendere quali erano i fattori che – secondo gli osservati – avevano influito sull’aumento della produttività. Secondo i lavoratori, la motivazione principale che li aveva indotti a migliorarsi era da individuarsi nella qualità delle relazioni interpersonali all’interno della fabbrica. Senza rendersene conto, gli studiosi avevano migliorato l’ambiente di lavoro e le relazioni in quel contesto, nel semplice intento di stimolare i lavoratori a collaborare con lo studio in atto. La psicologa McKee, “abbiamo bisogno di sentirci considerati, e dobbiamo essere pronti a considerare gli altri. Inoltre desideriamo sentirci accettati per quello che siamo e avere la sensazione di lavorare in un gruppo, in un’equipe o in un’organizzazione di cui siamo fieri e che ci stimoli ad offrire tutto il nostro impegno”.

Grazie a queste osservazioni prese forma un nuovo ramo della psicologia: la psicologia industriale.

Si constatò che le relazioni umane rappresentano un elemento decisivo sul risultato produttivo. Al contempo, si considerò anche che il miglioramento dei soggetti fosse avvenuto perché erano stati osservati. Come si diceva: il solo atto di osservare fa mutare ciò che si osserva.
Investire tempo ed energie per il miglioramento delle relazioni e del clima nei nostri ambienti professionali potrà realmente tradursi in un aumento generale della produttività.

L’effetto Hawthorne è positivo quando l’attività da svolgere non è particolarmente complessa, in caso contrario “l’effetto di osservazione” potrebbe risultare controproducente per il rendimento. Si è constatato che le persone hanno delle credenze riguardo a ciò che gli studiosi si potrebbero aspettare da loro. Non ritengono che sia sufficiente agire in modo normale, come farebbero di solito. Pensano di dover innalzare la loro condotta per raggiungere quegli standard che presumono che i ricercatori vogliano osservare. In altre parole, adattano il loro comportamento ad alcune credenze.

Negli studi in ambito medico, l’effetto Hawthorne è stato considerato un fattore problematico. Si è constatato che alcuni pazienti, sapendo di essere osservati, affermavano di aver notato un miglioramento delle proprie condizioni di salute che non aveva alcun effettivo riscontro con le prove mediche e cliniche. Il paziente affermava di stare meglio, nonostante le prove cliniche mostrassero che non esisteva alcun cambiamento nelle condizioni di salute fisica. «Nella condizione umana c’è una verità: che tutti gli uomini mentono. La sola variabile è su che mentono.» (SerieTV Dottor House). Appare possibile, se non probabile, che il comportamento dei soggetti cambi per il solo fatto di partecipare a una ricerca. L’unico modo per evitarlo sarebbe non informare gli individui della loro partecipazione all’esperimento, cosa espressamente vietata dai codici etici sulla sperimentazione umana.

Può essere interessante constatare che l’effetto Hawthorne, si manifesta anche in altre circostanze: Quando si presenta una situazione nuova, che modifica la routine. Quando le persone si sentono “situate” in situazioni artificiali, ad esempio quando vengono portate in un laboratorio. Quando si segue l’esperimento per un determinato arco di tempo e poi viene cambiato. Quando una persona crede di trovarsi in una situazione che potrebbe risultare positiva, aumenta il suo impegno. Quando si presentano fattori che riducono la sensazione di noia.

FMG

 

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